
Farina, zucchero e glassa di lacrime
In un racconto molto intimo ma allo stesso tempo ironico, la nostra blogger Greta ci narra, come in una fiaba, la scoperta e l'esperienza della sua famiglia con la sua diagnosi di Glut1.
AVVISO: Questa non è una fiaba normale, procedete a vostro rischio e pericolo
C'era una volta
C'era una volta un re e una regina, Luigi e Carmela, molto popolari e adorati in tutto il regno. Correva l’anno 2009 e in un piovoso 13 novembre, Carmela diede alla luce la principessa Greta (cioè io!), segnando un evento gioioso e indimenticabile per l’umanità.
Qualche mese dopo, a partire da febbraio 2010, il re e la regina iniziarono a notare che mi accadevano cose strane, quasi occulte. Mi estraniavo, mi bloccavo come se qualcuno avesse premuto un interruttore, per poi tornare a fare quello che stavo facendo. Andarono dal nostro medico di famiglia, cercamdo di spiegare cosa succedesse. Ma non c'erano altri segnali “ strani”: mi comportavo e crescevo (e mangiavo!) come una normale bambina di quattro mesi. La reazione iniziale fu quindi quella di attribuire tutto alla mia tenerissima età, e, senza troppa convinzione, di "rassicurare" il re e la regina che questi sintomi sarebbero passati col tempo.
In realtà...
In realtà, il peggio doveva ancora venire. Con il passare del tempo, i miei occhi iniziarono a muoversi rapidamente da un lato all’altro in modo incontrollato, come se fossi posseduta, e questi episodi divennero sempre più frequenti. A volte duravano appena 30 secondi (fortunatamente!), altre volte sembravano infiniti, fino a 2 minuti ed oltre.
Durante questi interminabili 2 minuti, il re usava la sua videocamera (del secolo scorso…) per registrarmi durante questo spettacolo straordinario, in modo da poter mostrare i video come prova ai dottori. Nota per i lettori: recitare è uno dei miei hobby preferiti, e questo è stato il mio primo tragico spettacolo ufficiale, quindi ovviamente doveva essere immortalato!
Iniziò così il nostro viaggio, saltando da un ospedale all’altro, armati solo della speranza, sempre più flebile e frustrante, di ottenere una risposta. Ovviamente, se l'obiettivo fosse stato raggiunto subito, la storia sarebbe stata molto noiosa — e infatti non andò così.
Con l’aumentare della frequenza degli episodi, aumentava anche la stranezza dei comportamenti del re e della regina. Capitò diverse volte: durante il mio battesimo, durante il matrimonio di un amico o durante delle sere fuori con gli amici, che i miei occhi iniziassero a tremolare, In quei casi, il re e la regina si affrettavano ad abbandonare tutto e tutti, inclusi amici e parenti, senza spiegare nulla, in quanto la mia condizione non aveva ancora un nome e non volevano allarmare nessuno.
Scappavamo in un luogo sicuro dove potevo essere allattata: il latte di mamma era come una pozione magica che interrompeva quei movimenti incessanti e calmava anche la regina, perché io tornavo a stare bene. Quei momenti erano come camere segrete di un castello, che ci proteggevano e ci isolavano dal resto del mondo.
Oggi c’è molta più consapevolezza rispetto a 14 anni fa, quando fui diagnosticata. Abbiamo un’associazione italiana di genitori che si prende cura di noi e del nostro futuro. Ci sono progetti di ricerca, medici che cercano una cura. Esistono aziende (grazie Kanso!) che rendono i nostri alimenti chetogenici perfino appetitosi. Se qualcuno mi chiedesse: "Quali sono i vantaggi della dieta chetogenica?", direi che, in breve, la dieta chetogenica è diventata la mia pozione magica.
Alla ricerca di chiarezza, tra speranza e crisi
I miei genitori nutrivano ancora la speranza che un mago sarebbe comparso e avrebbe sistemato tutto con una bacchetta magica. Ma a questo punto era chiaro: non eravamo più i reali nel nostro regno. E il mago non arrivò.
Le cose non stavano andando come previsto. Io non stavo bene, e non si capiva né perché, né cosa avessi. Mamma lasciò il lavoro. Durante l’estate volammo in Sardegna per una vacanza, sperando che sole e mare mi facessero bene.
Era il 15 agosto, forse per il Ferragosto torrido, forse per la spiaggia affollata, continuavo ad avere crisi di assenza, così frequenti che perdemmo il conto, finché non finimmo in ospedale per 10 giorni. In ospedale fecero vari esami fino all'EEG, che rilevò segnali di epilessia. Provarono diverse combinazioni di farmaci, senza risultati.
Ogni giorno speravamo che andasse meglio, pregando che uno dei farmaci funzionasse. Purtroppo non andò così: arrivai ad avere oltre 80 crisi al giorno.
Mentre ero ricoverata con mamma, papà passava il tempo all’internet point cercando tutto quello che potesse aiutarci: "Epilessia", "Disturbi parossistici del movimento oculare", "Assenze". Dopo lunghe ricerche (pagina 20 dei risultati di Google forse), trovò alcuni articoli scientifici europei che sembravano descrivere il mio caso. Quegli articoli furono messi da parte momentaneamente, perché la priorità era tornare a casa.
Dovemmo rientrare sulla terraferma con — incredibile ma vero — l’aereo usato dal Presidente della Repubblica e dal Primo Ministro. Il primo volo della mia vita! Può una principessa volare su normali aerei di linea? Ovviamente no! Se devo andare da qualche parte, devo farlo con stile!
Peccato che la destinazione non fosse altrettanto regale: un altro ospedale. Fui dimessa dopo una settimana, con un'altra combinazione di farmaci. Indovinate un pò? Non funzionò nemmeno quella.
La vacanza (se così si poteva chiamare) era finita. Papà dovette tornare al lavoro, mamma restò a casa con me, annotando ogni singola crisi su un diario.
Era forse il caso di tirar fuori gli articoli precedentemente scaricati. Tra questi, scegliemmo quello del centro di ricerca più vicino a Roma. Disperati e alla ricerca di risposte, mamma e papà prenotarono una visita. Raccontarono tutta la storia (ovviamente omettendo la parte dell’aereo presidenziale…) e mostrarono i video delle mie "performance". Il medico avanzò alcuni sospetti e chiese un prelievo di sangue per un esame genetico. Ci salutammo con un "a presto" e tornammo a casa, in silenzio.

12 novembre 2010, un giorno prima del mio primo compleanno.
Tutto era pronto: i nonni erano arrivati dal Sud, la casa era addobbata a tema principesse, mamma stava preparando una torta a forma di castello, piena di crema, cioccolato, zucchero, confetti e chissà cos’altro. La cucina sembrava esplosa per una bomba di farina.
Il telefono squillò. Era il dottore, con la diagnosi: G1DS.
Le lacrime si aggiunsero come glassa alla mia torta di compleanno.

Cosa è cambiato dopo quella fatidica telefonata ?
Innanzitutto, sono tornata ad essere una principessa.Seguo la dieta chetogenica da 14 anni. La buona notizia è che, da quando ho iniziato la dieta, non ho più avuto crisi di assenza né movimenti oculari anomali. La cattiva notizia è che quella è stata la mia prima e ultima vera torta di compleanno... (Beh, non è poi così male, perché esistono le cheesecake, grazie al cielo).
Un principe, mio fratello Luca, è venuto al mondo con la missione di essere la mia guardia del corpo, come ogni principessa che si rispetti.
Oggi c’è molta più consapevolezza rispetto a 14 anni fa, quando fui diagnosticata. Abbiamo un’associazione italiana di genitori che si prende cura di noi e del nostro futuro. Ci sono progetti di ricerca, medici che cercano una cura. Esistono aziende (grazie Kanso!) che rendono i nostri alimenti chetogenici perfino appetitosi.
Se qualcuno mi chiedesse: "Quali sono i vantaggi della dieta chetogenica?", direi che, in breve, la dieta chetogenica è diventata la mia pozione magica.