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L’importanza di affrontare le difficoltà iniziali

Nel primo articolo blog vi ho raccontato come siamo venuti a sapere della dieta chetogenica. In questo secondo articolo vorrei continuare a condividere le mie esperienze fatte iniziando la dieta – Una storia di difficoltà ma anche della speranza.

Armati delle nostre informazioni, partiamo per l’ospedale. Al secondo giorno di ricovero, la situazione si blocca: Martino è disidratato, non mangia, continua a vomitare. Gli mettono una flebo di glucosio e ci dimettono. Era la fine del nostro tentativo, e eravamo parecchio abbattuti. Però……avevamo notato con la mamma qualcosa che solo dei genitori potevano vedere: dei piccoli segni, una piccola incrinatura nel muro delle crisi

Abbiamo raddoppiato i nostri sforzi, ricominciato da capo. Siamo ripartiti da una dieta quasi normale, e poi molto gradualmente, abbiamo alzato la ratio, un passettino ogni giorno. Ovviamente eravamo seguiti dal team di dietisti e neurologi, ma gestivamo le ricette in maniera indipendente. Le piccole incrinature nel muro dell’epilessia si erano ingrandite: le crisi c’erano ancora, ma nostro figlio ci sembrava meno isolato, meno chiuso nel suo mondo. 

Abbiamo contattato uno dei migliori centri in Europa per le diete chetogeniche: la Mathews Friend Clinic a Lingfield, in Inghilterra. Abbiamo concordato un primo viaggio senza nostro figlio, per inquadrare meglio la gestione della dieta da parte nostra. In mezzo alla campagna, un intero centro dedicato all’epilessia, con luoghi per terapie, scuole, cliniche. Una delle cliniche è interamente dedicata ai trattamenti chetogenici! Mi ritrovo in un piccolo ufficio, senza scrivania; entra una giovane donna con gli occhiali, cominciamo a parlare. In due ore di colloquio, la dottoressa Elizabeth Neal, una delle più accreditate dietologhe chetogeniche al mondo, mi fa fare un corso avanzato e concentrato sulla gestione di una dieta chetogenica. 

Tornato a casa, strutturo la dieta secondo le indicazioni ferree della Dottoressa Neal. Due mesi più tardi, Martino ha avuto la sua ultima crisi epilettica. Nei tre anni seguenti, ho calcolato più di 15.000 pasti, sempre seguendo le indicazioni della dottoressa Neal. Lei mi indicava la prescrizione (quante calorie, quanti grammi di grassi, carboidrati, proteine di ogni pasto), io le traducevo in ricette e cucinavo. Ogni settimana, aggiornavamo i dati: la dieta cambia continuamente, perché i bambini crescono, perché magari iniziano uno sport nuovo, perché gli viene l’influenza…Ho imparato cosa significa in concreto il “fine tuning”, l’adattare la dieta al singolo individuo. Non possono esistere due diete chetogeniche identiche, ognuno deve adattarla alla propria risposta metabolica, che cambia nel tempo.

La dieta chetogenica è un trattamento medico, che nei casi di epilessia deve essere prescritto e seguito da un neurologo e da un dietista specializzato. Senza l’intervento attivo delle famiglie, la dieta è però destinata a fallire: troppo impegnativa, troppo difficile per farla rispettando un foglio. È scientificamente provato che la dieta funzioni, ma rimane alle famiglie il compito di capire i meccanismi, di inventare nuove ricette, di allearsi con il proprio figlio per scoprire nuovi sapori. È possibile stare a dieta anche per molti anni, mangiando cibo sano e gustoso, ma ci vuole un grandissimo impegno e una grande determinazione, che vengono dal rendersi conto che, armati di una bilancia e di una spatola di silicone, possiamo sfidare l’epilessia e alla volta anche vincerla.

Il vostro Frankie #KetoChef e #AmicoKeto

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